La fibromialgia

Il termine fibromialgia è stato coniato nel 1976 da Hench e deriva dal latino “fibra”, tessuto fibroso, collegato con i termini greci “mio”, muscolo, e “algos”, dolore. E’ una patologia cronica caratterizzata da dolore cronico persistente da almeno tre mesi, soprattutto a carico dei muscoli, delle capsule articolari, dei legamenti e tendini, in assenza di danni diagnosticabili di queste strutture. A questi sintomi si aggiungono stanchezza, debolezza generale, colon irritabile, parestesie, disturbi dell’apparato genito urinario, disturbi neurocognitivi (come confusione mentale, riduzione della concentrazione e della memoria a breve termine, sensazione di gonfiore) e psicologici come depressione, ansia, disturbi dell’umore e del sonno.

Colpisce circa 1,5-2 milioni di italiani e oltre il 90% sono donne. La quasi totalità dei pazienti riporta la presenza di un dolore cronico e diffuso, riferito a tutto il corpo, che non presenta una particolare distribuzione anatomica o almeno non permette alla persona di individuare con precisione una specifica sorgente dolorosa. A volte può iniziare in una zona del corpo e poi estendersi ad altre parti. Il dolore viene percepito “penetrante” e di tipo muscolare, può essere pungente o bruciante, determinare rigidità o assomigliare ad una contrattura muscolare e può accompagnarsi ad un malessere generale.

E’ definito come dolore del corpo e dell’anima: la qualità di vita del paziente è compromessa, la capacità di svolgere un’attività lavorativa è ridotta e anche la vita sociale è meno appagante. Si tratta di una sindrome a genesi multifattoriale: diversi studi hanno documentato alterazioni dei neurotrasmettitori a livello del sistema nervoso centrale; altri studi hanno osservato anche una particolare vulnerabilità dei muscoli a microtraumi ripetuti. Inoltre è ricorrente una minore soglia di tolleranza del dolore poiché la cronica e diffusa percezione del dolore proviene da un’accentuata sensibilità dolorosa agli stimoli. Questo è il risultato di un’iperattività dei circuiti cerebrali preposti alla percezione del dolore, insieme ad una ridotta funzionalità di quelli che inibiscono la trasmissione del dolore al cervello.

Inoltre alcuni fattori esterni possono influenzare in modo negativo i sintomi della fibromialgia come:

  • Traumi fisici (incidenti, traumi chirurgici)
  • Traumi emotivi
  • Insonnia prolungata
  • Stress persistenti
  • Malattie infiammatorie e infettive

La sua diagnosi dipende soprattutto dai disturbi che riferisce la persona; in alcuni casi i segnali della fibromialgia si possono sovrapporre ad altre condizioni cliniche secondarie, a patologie articolari e a disturbi psicologici come ansia, depressione, disturbi dell’umore e del sonno.

Il trattamento della fibromialgia è caratterizzato da un approccio interdisciplinare e multifattoriale (di tipo medico, psicologico, fisioterapico e dietetico) finalizzato all’attenuazione del dolore, alla riduzione della sensazione di affaticamento, dei disturbi del sonno e a diminuire le manifestazioni psicologiche della malattia. Le opzioni terapeutiche sono diverse e comprendono sia l’utilizzo di farmaci, per alleviare il dolore e migliorare la qualità del sonno, che esercizi fisici come tecniche di rilassamento muscolare, stretching ecc. All’uso dei farmaci si può integrare la psicoterapia. Una recente meta analisi, orientata allo scopo di valutare il ruolo del trattamento psicologico, ha dimostrato che l’effetto della psicoterapia è comparabile con quello attribuibile alla cura farmacologica.

 

Autore: Manuela D'Eugenio
Data: 14-10-2024
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